Patagonia argentina, un viaggio sulle orme di Bruce Chatwin
IN PATAGONIA (citando Bruce Chatwin)
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di Liliana Di Muccio
Ci sono libri che parlano di viaggi, di itinerari che fanno sognare avventure, che descrivono luoghi in un modo tale che fanno venire voglia di partire.
Uno di questi libri è IN PATAGONIA di Chatwin che ha influenzato il mio modo di viaggiare e facilitato l’approccio con questa area dell’Argentina.
Come riporta nel libro l’autore:
“nulla si rivelerà così mutevole come la Patagonia che si presenta come un deserto… nessun suono tranne quello del vento che sibilava tra i cespugli spinosi e l’erba morta …”
E’ con queste immagini descritte che ho iniziato il mio primo viaggio in Patagonia, terra del fuoco, e mai rappresentazione è stata più fedele: ci si trova di fronte a un vasto territorio dove difficilmente si incontrano gli abitanti se non nelle piccole cittadine, mentre tutto intorno è aspro e selvaggio.
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Penisola Valdez
Puerto Madryn
E’ un itinerario che riprende il viaggio fatto in Patagonia dall’autore ed uno più emozionanti.
Si inizia con Puerto Madryn, nella Peninsula Valdez, che sulla carta geografica sembra una minuscola appendice dell’Argentina che si protende nell’Oceano Atlantico, mentre invece è una immensa riserva dichiarata nel 1999 dall’Unesco, Patrimonio dell’Umanità.
E’ un territorio semidesertico con quasi tutte le strade sterrate, dove non troverete il turismo di massa ma solo appassionati del territorio e di tutta la fauna che vive in questa zona.
Puerto Madryn è al confine con la Patagonia e la penisola, una cittadina con circa 60 mila abitanti che vive del turismo naturalistico.
Solo nella sua baia durante il periodo che va da giugno a dicembre, si può ammirare la balena franca, mentre spostandosi nella penisola dove si trova l’unico villaggio Puerto Piramides, si possono fare escursioni in battello per ammirare, sempre con cautela, questi enormi cetacei con i loro piccoli.
Caratteristica di questo villaggio è che non avendo un porto di attracco, i battelli vengono spinti in mare e ripresi al rientro dall’escursione... con i trattori!
Punta Loma, Punta Delgada e Punta Tombo
Sulla spiaggia di Punta Loma ci sono le colonie dei leoni marini mentre a Punta Delgada le spiagge sono affollate dagli enormi elefanti marini. Ma sicuramente il posto più incredibile di questa penisola è la riserva naturale di Punta Tombo: qui, tra settembre e marzo, si riuniscono oltre mezzo milione di pinguini magellano.
E’ impressionante camminare per i sentieri della riserva in percorsi prestabiliti per gli esseri umani, mentre tutto intorno si possono vedere questi simpatici animali.
Talvolta nidificano anche in mezzo al sentiero e affrontano i visitatori per tenerli lontani dalla prole: mi sono ritrovata con un pinguino che non voleva, giustamente, cedere il passo e ho dovuto attendere pazientemente che prendesse l’iniziativa su dove andare.
Qui i visitatori devono adattarsi a ciò che vogliono i pinguini, il territorio è tutto loro!
Gaiman
Lasciando la Peninsula Valdez in direzione di Trelew, sul fiume Chubut, dove si trova il più importante museo di storia naturale argentino e quello paleontologico, non si può non andare a visitare Gaimàn.
Questa cittadina di circa 7000 abitanti è riconosciuta come simbolo della colonia gallese arrivata nel Chubut intorno al 1865, ma anche l’antico territorio dove i Tehuelches (la popolazione indigena) erano soliti fermarsi sulle loro rotte dalle Ande alla costa.
Questi antichi abitanti detti anche Patagoni, vivevano fino allo stretto di Magellano, ma nei primi del 1900 con l’introduzione degli ovini sul territorio il governo argentino inizio un percorso di colonizzazione a discapito degli indigeni, concedendo concessioni ai nuovi coloni europei che di fatto, tra trasformazione del territorio, nuove malattie ecc. portarono alla sparizione di questo popolo. Esistono ancora rari discendenti del popolo Tehuelche che tra tutti i coloni arrivati, riconoscono che i gallesi furono gli unici rispettosi della loro identità .
Entrare a Gaiman è come fare un passo indietro nel tempo: mentre tutto intorno il territorio è brullo e aspro come è la Patagonia generalmente, la cittadina è circondata da pioppi e canali di irrigazione, piccole case familiari con le tendine di pizzo alle finestre e dove alcune sono case del tè , ovvero accolgono i visitatori per il tè delle 5 accompagnati dai tipici dolci gallesi.
Viaggiare in Patagonia è fare un salto a ritroso nel tempo, dove ogni insediamento urbano parla di emigranti dal continente europeo a partire dai primi del Novecento in poi: il viaggio che è stato una sfida, persone che cercavano fortuna insieme a gente che cercava "un nascondiglio" per ricominciare.
Non era come emigrare negli Stati Uniti, New York e dintorni: chi ha scelto questo territorio è ripartito da zero, perché non vi era assolutamente niente e anche oggi, percorrere queste strade dove non si incontra anima viva per ore e non si vede che steppa e qualche volpe o guanaco, ti porta al di fuori della realtà.
San Carlos de Bariloche
Proseguendo il viaggio verso sud, si incontra San Carlos de Bariloche, una rinomata stazione sciistica circondata da montagne spettacolari come il Cerro Tronador e il Cerro Catedral e che si affaccia sulle sponde del lago Nahuel Huapi (anche parco nazionale).
Fondata nei primi del 1900 da emigranti bellunesi, nel dopoguerra divenne meta migratoria di svizzeri austriaci e tedeschi, in particolare vi espatriarono simpatizzanti e militari nazisti. Oggi la cittadina sembra un villaggio svizzero tra le montagne ed offre molte opportunità per effettuare attività montane sia in inverno che in estate, circuiti trekking e navigazione tra i laghi.
Una di queste esperienze è El Cruze Andino, che si può fare tra Bariloche e Puerto Varas (Cile) in 12h (180km) o spezzare in più giorni pernottando in minuscoli villaggi che sorgono sui laghi sulle Ande.
E’ un percorso che prevede la navigazione in 3 laghi (Nahuel Huapi, Fries e Todos Los Santos) intervallata da passaggi in bus per arrivare tra un imbarcadero e l’altro. E’ un sali e scendi attraverso questa natura meravigliosa dove si affacciano anche vulcani e che ha l’aspetto delle nostre montagne europee.
Uno tra i collegamenti tra Argentina e Cile attraverso le Ande tra i più spettacolari, con possibilità di farlo in senso inverso.
El Calafate - Perito Moreno
Andando più a sud il paesaggio cambia e si arriva al più grande lago della nazione, che si trova nel parco nazionale de Los Glaciares, il lago Argentino dove si trova la cittadina di El Calafate che prende il nome dal frutto simile a un mirtillo, chiamato calafate e con il quale si produce un’ottima marmellata artigianale.
Anche questa cittadina fu costruita negli anni 20 dal governo argentino per popolare il territorio e divenne meta dei produttori di lana. Non lontano si trova il ghiacciaio Perito Moreno, di circa 260 kmq, lungo 30 km e con un fronte di ca 70 metri dove si possono fare varie escursioni una tra le quali, la salita sul ghiacciaio con i ramponi, accompagnati dalle guide andine.
Questo ghiacciaio, situato nel Brazo Rico del lago si trova in linea d’aria, diviso dalle Ande, alla stessa latitudine del Parque Nacional Torre del Paine, in Cile e, come è noto, deve la sua particolarità per essere un ghiacciaio che ogni anno avanza fino a quasi toccare alcune zone del lato del canale opposto, per poi sgretolarsi parzialmente nella parte finale.
Ghiacciai Uppsala e Spegazzini
Nel Brazo Norte, opposto al Brazo Rico, si trovano i ghiacciai Uppsala lungo circa 60 km con un fronte tra i 60 e gli 80 metri e di 900 kmq, quindi tra i più grandi ghiacciai sudamericani e il ghiacciaio Spegazzini che pur essendo più piccolo con i suoi 66 kmq, ha un fronte che varia tra gli 80 e 135 metri di altezza. Ambedue in Argentina, sono divisi dal Cile (da dove nascono) dal Campo de Hielo Patagonico, lungo ca 400 km e largo 100 km, un enorme ghiacciaio le cui dimensioni sono inferiori solo all’Antartide e alla Groenlandia, per cui è la terza calotta polare al mondo, ancora parzialmente inesplorata!
Si può navigare nel Brazo Norte ,per arrivare ai due ghiacciai imbarcandosi a Puerto Banderas su un piccolo natante (a volte, malgrado si tratti di un ramo di un lago, il vento patagonico agita talmente le acque che impedisce la partenza), lungo il Canal de los Tempanos (il canale degli iceberg), così chiamato per gli innumerevoli blocchi di ghiaccio che staccandosi dai ghiacciai finiscono per navigare nel canale.
Estancia Cristina
Si arriva fino al pontile dell’estancia Cristina, incredibile esempio di adattamento, dove ancora tutt’oggi non esiste nulla intorno ad essa se non la natura selvaggia del territorio e che fu costruita da Joseph Masters, un inglese che dopo aver letto vari resoconti di esploratori, nel 1912 acquistò 22mila ettari terreno. Costruì l’estancia e iniziò l’allevamento di ovini insieme alla sua famiglia fino ad arrivare ad averne 12mila.
Nel 1937 venne fondato il Parque Nacional de los Glaciares e l’estancia era proprio nel cuore del parco: il governo permise alla famiglia Masters di restare ma di non poter vendere la casa e in caso di morte dei rappresentanti familiari sarebbe passata sotto la direzione del parco. Dopo tanti anni Janet l’ultima erede, nel 1982 ha convertito l’estancia Cristina in struttura turistica e nel 1996, alla sua morte a 93 anni, è passata definitivamente sotto la tutela del Parco Nazionale.
Una delle più belle esperienze è quella di restarvi a dormire: oltre a godervi le bellezze della natura, vi consiglio di fare trekking o di uscire con i gauchos a cavallo e condividere con loro la bevanda tipica, il mate, nella bombilla, sorta di zucca vuota dove mettere in fusione questa erba amara.
Terra del fuoco - Ushuaia
Ultima tappa non meno importante è la Terra del Fuoco dove si trova Ushuaia, la città che si trova alla fine del Mondo!
Tra il Glaciar Martial proprio alle spalle della città e il fronte del porto con il canale Beagle che arriva al mare di Drake, Ushuaia è completamente isolata e un altro centro abitato più vicino è a circa 250 km.
Il suo nome deriva da due parole aborigene Yagan: USHU “in fondo” e WUAIA “baia o porto”.
Il territorio intorno alla cittadina fu scoperto dall’esploratore portoghese Ferdinando Magellano nel 1520 e lo denominò Tierra del Fuego a causa dei numerosi fuochi accesi dai nativi Yaganes (noti anche come Yamanes) che si vedevano navigando al largo delle coste.
A metà del 1700 l’esploratore e cartografo descrisse quale ricchezza di mammiferi marini vi fosse intorno a Capo Horn a cui segui l'esplorazione del canale Beagle da parte di Fitzroy.
Seguirono gli arrivi dei missionari britannici a metà del 1800, di cercatori d’oro, di cacciatori di balene e altri avventurieri: questo portò le popolazioni indigene a un cambiamento delle loro abitudini di vita, dovuto alla limitazione del territorio dove vivevano, ai massacri, alle malattie nuove portate dall’Europa . Finché si arrivò all’estinzione totale negli anni ‘40
Ushuaia per molti anni venne considerato dal governo argentino come un lontano avamposto, utilizzato come prigione di massima sicurezza, mentre la città era abitata principalmente dai familiari di coloro che lavoravano nel carcere.
Venne chiuso negli anni ‘50 e successivamente trasformato in Museo dove viene ricordata tutta la storia drammatica del popolo fuegino e anche gli aspetti naturalistici. Considero la visita a questo museo uno dei momenti più importanti della visita alla città, da non perdere!
La città è anche circondata da laghi come laguna Escondido e Laguna Fagnano: nei pressi si trova il Parco Nazionale della Terra del Fuoco nato negli anni ‘60
Tra gli alberi di nires e lenga ci sono vari sentieri che si snodano nel parco e dove si aprono radure con alberi abbattuti: gli artefici di questo panorama così insolito sono i castori che costruiscono dighe sul rio Roca. Si può camminare nella natura silenziosa fino alla laguna Roca, dalla quale si intravvede il territorio cileno.
Durante una delle mie visite a Ushuaia ho preso contatto con un armatore che mette a disposizione una barca a vela per la navigazione nel canale Beagle: è il modo migliore per visitare questa zona perché permette di avvicinarsi con maggiore facilità ai grossi scogli dove bivaccano los pajaros (i cormorani, i kauken, e altri uccelli ) e los lobos (i leoni di mare).
Arrivando in barca si può anche fare trekking sull’isola H e fare bird watching. Nella baia, a volte, compaiono anche le balene franche: vederle dalla barca è spettacolare.
Un viaggio nella Patagonia argentina (e anche cilena) richiede amore per la natura così incontaminata e pazienza nel percorrere centinaia di chilometri con un paesaggio che all’apparenza è sempre uguale ma in realtà offre molti spunti di esplorazione.
La programmazione è varia e gli itinerari mai simili uno all’altro: l’organizzazione per ottimizzare i lunghi passaggi da un posto all’altro è fondamentale così come la consapevolezza di avere a che fare con un clima mutevole in modo repentino.
Gli itinerari sono su misura, personalizzati in base alle esigenze di chi li richiede: può essere modellato su famiglia con bambini, per viaggi di nozze o per alpinisti, ogni percorso viene studiato nel dettaglio.
Le partenze sono da ogni aeroporto italiano e dall’aeroporto francese di Nizza per i viaggiatori del ponente ligure e basso Piemonte, qualora lo preferissero.